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al testo di Alberto Castrini
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Osvaldo Soriano giornalista e scrittore argentino (Mar del Plata 1943- Buenos Aires 1997) è abbastanza conosciuto anche in Europa. Inizia la sua attività come giornalista nella metà degli anni sessanta, e la sua fama inizia con il racconto”Triste, solitario Y final” del 1973. Con il sanguinoso golpe militare del 1976, lascia il paese per stabilirsi in Europa dove rimarrà sino al ritorno della democrazia. Al suo rientro, nel 1984, oltre al giornalismo proseguirà, ormai celebre, l’opera di scrittore fino alla fine. Grande appassionato di calcio e di cinema trasporterà queste passioni nelle sue numerose opere. Il testo in questione, prende il titolo dal famoso tango Caminito, è del 1990 ed è la storia di un informatico ritornato in Argentina nella speranza che il ripristino della libertà significhi anche riscatto economico suo e del paese. Farà il viaggio assieme ai personaggi più incredibili; un’astrologa imbrogliona, un banchiere divenuto giocatore d’azzardo, un impresario di circo in rovina, dei militari e ragazzi che emigrano. Un’umanità di perdenti. La vicenda non può che essere ambientata nella pampa sterminata, nell’infinito nulla. Il protagonista di questo viaggio, che non va da nessuna parte, si lascia trainare dai fatti senza imporsi o lottare, come un impotente naufrago, circondato da personaggi grotteschi. Si tratta, con la scrittura piacevolissima che gli è congeniale, di un’amara metafora sul popolo argentino, sulla sua ricerca d’identità, sulla solitudine. Anni dopo Marcos Aguinis, autore purtroppo poco tradotto, analizzerà lucidamente lo stesso tema nei due splendidi volumi: “El atroz encanto de ser argentinos”. Soriano urla disperato “perché non possiamo smettere d’essere ridicoli, patetici, suicidi melanconici, pronti a cadere in tutte le trappole della Storia e patire per tutti i governi dopo aver creduto alle loro promesse?” Non si tratta stavolta dell’impossibilità dell’esistere, del mal vivere, ma dell’impietosa analisi di un paese tanto amato e raffigurato icasticamente come un treno pronto per partire ma senza macchinista e passeggeri.
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